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Autostima=piacersi
Avere autostima significa piacersi, credere nelle proprie capacità, avere sviluppato il senso di fiducia in sé. Se non abbiamo abbastanza fiducia in noi stessi, difficilmente potremo suscitarne negli altri. La stima è un tratto fondamentale della nostra personalità, ma non è data una volta per tutte: il livello può oscillare nel tempo e influire in modo determinante sulla nostra vita sentimentale, di relazione e professionale. Per questo l’autostima va alimentata giorno per giorno, va fatta crescere se risulta scarsa o, all’opposto, ridimensionata quando rischia di sconfinare nel narcisismo o nell’egocentrismo.
Valore in ascesa
Nella nostra società, dove valori come l’umiltà e la solidarietà sono in netto calo, soppiantati dall’individualismo e dall’affermazione di sé, l’autostima ha acquistato un ruolo di grande rilievo. La parola “stimare”ha un duplice significato: determinare il valore e avere un’opinione su qualcuno o su qualcosa. Infatti lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi quando ci osserviamo allo specchio e il giudizio che ne deriva sono fondamentali per il nostro equilibrio psicologico. Ed è importante capire quali sono i meccanismi attraverso cui si genera la nostra autostima.
Impariamo a valutarci
Io come sono? Intelligente, attraente, in forma, autorevole? E quanto? Quali sono i miei punti deboli e quali quelli di forza? Queste domande si affacciano in continuazione nella nostra mente. E noi, tacitamente, ogni volta diamo una risposta. Tutte le cose che facciamo o che subiamo, tutte le esperienze che viviamo sono un’occasione per stabilire quanto valiamo e per darci un voto. Leggiamo in chiave auto valutativa – come dicono gli psicologi – ogni piccolo gesto, ogni esperienza della vita. Tizio non ci saluta? Significa che siamo colpevoli di qualche scortesia nei suoi confronti, o che siamo così insignificanti da passare inosservati. Questo ci porta spesso a escludere l’ipotesi più ragionevole: forse semplicemente non ci ha visti. Ci mettiamo a dieta e perdiamo i chili di troppo? Siamo persone di carattere. Veniamo invitati ad una festa esclusiva? Siamo ricercati, desiderati, preziosi. L’autovalutazione interviene nelle circostanze più varie, pure quelle improbabili. Il bambino tende a pensare che i genitori si siano separati perché lui è cattivo e li ha fatti arrabbiare. La donna aggredita cova il dubbio di avere in qualche modo “invitato” lo stupratore. Diamo un significato alle cose per rispondere a un bisogno molto forte. Sapere se e quanto valiamo, ma anche come ci piacerebbe essere.
Primo:volersi bene
Gli ingredienti per l’autostima sono: l’amor proprio, la visione di sé, la fiducia in se stessi. Il dosaggio corretto di queste tre componenti è indispensabile per un giusto equilibrio psicologico. Per stimarsi come persona bisogna essere consapevoli del proprio valore, mentre per amare se stessi non occorre niente di preciso: ci si piace, malgrado difetti e limiti, semplicemente perché una vocina interiore ci dice che si è degni di amore e di rispetto. Tale amore incondizionato per noi stessi ci consente di far fronte alle avversità. Nelle difficoltà, non ci salva dalla sofferenza o dal dubbio, ma ci protegge dalla disperazione. La nostra capacità di amarci dipende dal nutrimento affettivo ricevuto da bambini: Genitori assenti o distratti, o troppo presenti ed esigenti, possono indurre il bambino a sviluppare sentimenti negativi su di sé. Le carenze di stima che risalgono all’infanzia o alla adolescenza sono le più difficili da compensare.
Secondo: guardarsi alo specchio
Lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi è il secondo pilastro della stima di sé. L'importante non è come realmente siamo, ma la nostra convinzione di avere qualità o difetti, potenzialità o limiti. Solo la capacità di guardarci con occhi positivi può darci la forza interiore che ci consente di affrontare le avversità della vita, di vivere bene le relazioni con gli altri e raggiungere i nostri obiettivi. Anche la capacità di vedersi con occhi positivi si acquisisce durante l'infanzia, in particolare nell'ambiente familiare, e dipende in gran parte dai progetti che i nostri genitori avevano su di noi. Chi ha imparato a guardarsi in modo negativo diventa facilmente dipendente dagli altri, e per stabilire relazioni soddisfacenti con il prossimo tende a imitare il comportamento altri, a seguire strade già esplorate più che a costruire e a condurre in porto progetti personali. In genere non coltiva ambizioni , pru avendo doti superiori alla media, non se la sente di emergere dal gruppo di lavoro.
Terzo: fidarsi di sé.
Ha fiducia in se stesso che pensa di essere capace di agire in modo adeguato nelle situazioni importanti. La fiducia dipende dall'educazione che si è ricevuta in famiglia o a scuola, a seconda che s'incontrino buoni o cattivi insegnanti. Acquisisce fiducia in se stesso il bambino al quale un esito negativo viene presentato come una conseguenza possibile, ma non catastrofica, della sua maniera di agire. Il bambino che impara ad accettare la sconfitta (che non è mai definitiva) e a ricominciare con maggior convinzione. La fiducia in se stessi è la dote più apprezzata sul lavoro. Per reclutare i candidati, i cacciatori di teste fanno più attenzione a tale aspetto che alle conoscenze tecniche. Per valutarla, incentrano il colloquio sui punti deboli del curriculum, cercano di mettere in difficoltà il candidato. Chi riesce a riconoscere i propri limiti senza autosvalutarsi mostra di saper affrontare le situazioni difficili e comunicherà la stessa sensazione agli altri.
Dai quaderni di Airone
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Il giudizio che abbiamo di noi stessi è fondamentale per l'equilibrio psicologico |
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